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                                 La famiglia è una società che cambia

Vorrei iniziare con una favola che mi ha raccontato un caro amico. E' il racconto di una ghianda, una bella ghianda verde scuro, caduta dall'albero e rotolata nel bosco. Questa ghianda si guarda attorno timida ed un pò impaurita. Vede tanti grossi tronchi e con tanti rami che si piegano verso di lei. Poi sente una pianta che dice : Guarda che bella ghianda. Diventerà un grosso pino. un'altra pianta dice: Ti sbagli sarà una bella noce. Infine una terza voce, più forte delle altre dice : Non capite niente lei sarà una sequoia gigante. E inchinandosi verso la ghianda le dice: tu sarai una sequoia. Le sequoie sono gli alberi più alti del bosco, sono forti ed i loro rami occupano tutto il cielo. Tu devi incominciare a dirti: sarò una sequoia, sarò una sequoia. Sevuoi ti darò un nastro registrato con tutto ciò che è una sequoia così lo potrai sentire fino ad impararlo. Vi chiedo adesso: Pensate che quando la ghianda sarà diventata una quercia sarà felice o rimpiangerà per tutta la vita di non essere una sequoia ?

Ho usato questa metafora per entrare nel tema che mi è stato proposto e che trovo molto interessante ed attuale. Noi siamo le ghiande ed il resto del bosco sono tutte le infinite voci del mondo che ci circonda. Voci che ci seducono, che ci blandiscono ma che spesso ci confondono e ci condizionano. Viviamo in una società nevrastenica, il termine non è mio, in continua evoluzione, ossessionata dalla fretta, sempre più globalizzata, sempre più informatizzata, che non ci da il tempo di assorbire, di sedimentare, di selezionare e scegliere tutto quello che ci propone.

Viviamo in un presente precario e con l'incertezza del futuro.

Vorremmo essere sereni, avere un pò più di tempo, ma c'è sempre qualcosa da fare, la famiglia, il lavoro, i figli, i loro sport, la loro lezione di musica o d'inglese. e quando abbiamo un pò di tempo libero corriamo ad occuparlo in quelle cose che non riusciamo mai a fare. Magari chiudendoci in macchina per una ipotesi di vacanza o, come purtroppo sta accadendo sempre più spesso a Roma, decidiamo di passare la giornata nei centri commerciali dove abbiamo di tutto, dal ristorante alla discoteca, dal parco giochi al parrucchiere, e mille negozi diversi, con mille tentazioni diverse. Le nuove "città dei balocchi" di collodiana memoria.

In questo quadro dove collocare la famiglia? dove la coppia' E prima di tutto dove la persona ?

queste parole hanno ancora il loro significato originale ? in una società in cui si sono moltiplicati i cambiamenti dobbiamo capire di cosa stiamo parlando. Ricordiamo alcuni di questi cambiamenti. 1968: depenalizzazione dell'adulterio, 1970: introduzione del divorzio e regolamentazione dell'aborto, poi abrogazione delle norme che regolavano la diffusione dei contraccettivi. Poi fu sancito il diritto della donna a mantenere il suo cognome dopo il matrimoni, etc. Sono norme che inevitabilmente hanno tracciato un nuovo profilo alla coppia e alla famiglia. La sociologia ci informa che in Occidente ci sono circa sedici modalità di intendere la famiglia. Volete che ve ne citi qualcuna ? c'è la famiglia nata da un matrimoio civile, c'è quella nata con il matrimonio sacramento, c'è quella formata dal matrimonio concordatario, c'è la famiglia more uxorio, c'è quella residuale da un dovorzio, c'è la famiglia formata da un secondo matrimonio, quella determinata da una vedovanza, quella patriarcale e quella nucleare, quella nata con i pacs francesi, e quella della coppia omosessuale in Spagna, quella nata dal "Convenient Marriage" di alcuni stati americani o quella " comunità" formata dai figli di primi o secondi o terzi matrimoni.

Di quale famiglia vogliamo parlare ? e di quale coppia ? quella che ancora è stabilita dalla nostra Costituzione, cioè fondata sul matrimonio, sia civile che religioso? se siamo d'accordo e parliamo di questo, intendiamo una unione ufficiale, duratura e permanente, scelta e voluta da due persone di sesso diverso, libere e consapevoli. Disposte ad affrontare insieme tutte le difficoltà che la vita può presentare. Una coppia che si forma con questi presupposti, anche se può essere confusa e disorientata dalle situazioni sociali, sa attingere alle sue risorse e trovare le sue soluzioni. Quando la coppia vuol rimanere coppia si supera qualsiasi problema. Dipende dalle persone, dalla loro "adultità", dalla loro capacità di aver maturato una identità adulta.

Ma parlare di identità della persona diventa, oggi, un discorso complesso. Anche il significato del termine identità è cambiato. Una volta l'identità era stabilita dal maschile e dal femminile, cioè dalla appartenenza ad un sesso. Oggi si parla di identità di genere, così come si parla di sessualità di genere. Questo significa che l'identità, pur "riferendosi ad una condizione certa", è esposta ad una tale moltitudine di realizzazioni diverse, che inevitabilmente intervengono nel percorso evolutivo dell'io. La parola "genere" al posto del termine"sesso" è stata ideata nel 1975 da Gayle Rubin e vuol significare, per definizione dell'autrice:"L'insieme dei processi, adattamenti, modalità di comportamenti e di rapporti con i quali una società trasforma la sessualità biologica in prodotti dell'attività umana e organizza la divisione dei compiti differenziandoli l'uno dall'altro".

Questo termine, nato nel movimento femminista radicale, aveva l'obiettivo di annullare le gerarchie di potere che mettono l'uomo al disopra della donna. E' chiaro che parlare di genere diventa un fatto culturale, e si dà importanza più alle variabili sociali che alla costante biologica.

Tutto ciò ha portato un certo disorientamento, tanto che, in un recente congresso di medicina, alcuni ginecologi dichiaravano che da ora in poi, si sarebbero ben guardati di dire alle neo- mamme: Auguri, signora, lei ha avuto un bel maschietto o una bella femminuccia. Ma anche le registrazioni anagrafiche dovranno cambiare, dichiareranno solo il sesso fenotipico, cioè la registrazione dei genitali.

Intorno a questi temi ci sono poi le novità dei "manipolatori dei geni", le voci dei boschi nostrani, che dichiarano di poter creare un embrione con tre genitori, oppure un embrione con un solo genitore creando lo sperma dal materiale genetico della donna. Poi ci sono le voci dei boschi stranieri, quelle dei medici inglesi, per es. che non avendo fiducia negli esami prenatali, dicono di far nascer i bambini per poi sopprimere quelli malati. Oppure quella che da la possibilità di creare bambini "a la carte", selzionati secondo le esigenze dei genitori. Poi le norme sull'eutanasia olandese, che giustifica l'eutanasia per chi diventa un peso ed una spesa per la società. O le discussioni sulle agenzie del divorzio. e sull'uso della RU486, che viene prescritta anche se non sono state ultimate le dovute ricerche. Durante un recente dibattito televisivo il popolo italiano è stato descritto come un popolo triste senza più motivazioni. Ricordo una frase di Nietzce che si definiva un pellegrino senza meta in un universo vuoto. Ricordo gli striscioni tesi sulle scuole romane nel '68-'70 con la scritta "Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso". E' possibile ribellarsi a questo nulla ? io credo fermamente di sì. Dobbiamo incominciare a vivere, non a lasciarsi vivere. C'è un vecchio proverbio cinese che dice: Se vuoi bere acqua pulita, devi tornare alla fonte" tornare alla fonte significa andare contro corrente, significa non seguire il percorso del fiume. fare come i salmoni, che vanno, a costo della vita, a depositare le uova alla sorgente perchè vogliono che i piccoli nascano in acque pulite. Qualche tempo fa uscì sui giornali un appello firmato da firme eccellenti, cinquanta fra scrittori, docenti universitari e giornalisti ed era intitolato Emergenza Educazione. Due domeniche fa, in piazza S.Pietro, il Pontefice ha dato una sua lettera ai fedeli romani sul Compito dell'Educazione. Forse abbiamo bisogno tutti di educazione e non solo i ragazzi che vediamo sempre più senza interessi, nè motivazioni, se non quella di cercare sensazioni sempre più forti, nella cultura dello sballo, perchè così, evitano di pensare.

E' la società che noi abbiamo creato, forse per ingenuità, forse per ignoranza, forse per fiducie mal riposte, ma è nostra la responsabilità. E' la responsabilità delle coppie, delle famiglie, se si sapranno riappropriarsi del loro ruolo di cellule vitali della società.

Voglio concludere con una frase di Martin Luther King, che faccio mia. " Anche se sapessi che il mondo sta per finire, io ugualmete, pianterei un melo".

A cura dello Staff di consulenza

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